lunes, 21 de marzo de 2016

CHANDRA LIVIA CANDIANI [18.277]


Chandra Livia Candiani

Chandra Livia Candiani nació en Milán, Italia  en 1952. Es traductora de textos budistas y lleva a cabo clases de meditación. 

Ha publicado los libros de poemas:

Io con vestito leggero (Campanotto 2005), La nave di nebbia. Ninnananne per il mondo (La biblioteca di Vivarium 2005), La porta (La biblioteca di Vivarium 2006), Bevendo il tè con i morti (Viennepierre 2007) e La bambina pugile ovvero la precisione dell'amore (Einaudi 2014). È presente nell'antologia Nuovi poeti italiani 6 curata da Giovanna Rosadini (Einaudi 2012).




Mi amparo
mi golondrina sin cabeza ni cola
puro vuelo,
a qué regresar
sin casa ni paso
de qué alas fiarse
en el espacio sin lengua del límite
en qué fuego calentarse
las manos sin cuerpo.
Confiar ciegos en la caída
del vuelo sin tierra
confiar
sin destino,
amparo
golondrina sin cabeza ni cola
puro vuelo.

Venecia, junio de 2001



Los vidrios

Somos los vidrios
no hay un detrás para nosotros
desde donde mirar
apariencias de otros,
estamos frente a todas
las intemperies
del alma y del aire
razonables tormentas familiares
obstáculos de viento invisibles
muertos colgados de los hilos
del discurso.
Desde nosotros caen las miradas
deslizándose
sobre las barreras construidas contra el amor,
sobre las casas.

Nuovi poeti italiani, a cura di Giovanna Rosadini, Einaudi, Turín, 2012
Versiones de Jorge Aulicino



Mio rifugio
mia rondine senza capo né coda
puro volo;
a cosa tornare
senza casa né passo
a quali ali affidarsi
nello spazio senza lingua del limite
a quale fuoco scaldare
le mani senza corpo.
Affidarsi ciechi al tonfo
del volo senza terra
affidarsi
senza destino,
rifugio,
rondine senza capo né coda
puro volo.

Venezia, giugno 2001


I vetri.

Noi siamo i vetri
non c'è un dietro per noi
da cui poter guardare
parvenze di altri,
siamo rivolti a tutte
le intemperie
dell' anima e dell' aria
ragionevoli bufere famigliare
ostacoli invisibili di vento
morti impigliati nei fili
del discorso.
Da noi si versano gli sguardi
scivolando
sopara le barriere construite contro l' amore,
sopra le case.




Tu tienimi, e io mi trasformerò in meraviglia, 
tra le tue mani, al caldo.

Tu tienimi
e io mi trasformerò in meraviglia
tra le tue mani, 
al caldo,
quel caldo che di notte fa crescere il grano.
Porta
il corpo amato, 
come vita segreta – 
preservata –
sotto lo spesso ghiaccio
della memoria.
Tu tienimi
come guscio di noce
nel pugno 
fessura tra i mondi.
C’è silenzio tra te e me
c’è perla.
Ti tengo.





Essere amati è essere nocciolo dentro un frutto, 
protetti dentro buccia di mondo.

Amare
essere amati
pelle con pelle
respiro
passo
dentro buccia
di mondo.





Anche in briciole. Amore.

Che esista l’acqua
che esistano le cose
il sasso la faina
la carezza
il vento
che esista il vuoto
smisurato
l’amore dello spazio
lo sbriciolìo
della parola amore,
il suo crepitare 
non dà tregua se
amore è direzione





Allacciami. Sono il tuo bottone.

Io ti sbircio
come una scacchiera
di battaglia navale
non so ancora dove
mi affonderai
segnerai una fenditura
con la biro nera
degli occhi
e mi porterai in salvo
su una terra consegnata
un tema della luce
senza crepe: tu m’insegni
il filo la tela
la presa l’abbandono
tenere restare stringere
essere vecchi, piccoli piccoli
tacere buttarsi
contatto immaginazione. Io
imparo, io
mi allaccio.





Da Io con vestito leggero, Campanotto 2005

    

Per mia sorella C.

Sì, è probabile.
Che solo la luce esista,
e non il tuo corpo
veda dal cimitero il mare,
ma sia il tuo sguardo mare
che vede la carne
che imputridisce puzza
e si deforma,
mentre il corpo è eterno,
petalo del vuoto
ombra di un volo
sopra l’ombra del cancello,
soglia.
Sì è probabile.
Che solo l’infinito esista,
ma che sia
la trama grossolana della vela
che solca goccia a goccia
acqua e pietra,
che sia,
da amare.
Dammi l’acqua
dammi la mano
dammi la tua parola
che siamo,
nello stesso mondo.

*

Dunque c’è la luce
e ogni foglia è attaccata al ramo
con esatto amore
e ogni foglia in orario
lascia il ramo
con audace resa
e ogni uscire dalla soglia
del corpo è ricevuto
con unanime benvenuto
da quella scienza della gioia
che proprio ora proprio qui
riempie il foglio di ghirigori
per dirti che dunque
la luce c’è.



da La bambina pugile Einaudi 2014

   
Esiste la musica.
Esiste proprio,
come lenzuolo lampada
orologio e casa,
come nuvola,
quel suo disumano orto
d’intenzione
di ascoltare l’anima
esiste. Come domino
di note che si crollano addosso e fanno
insieme. Insieme si fanno, e sono fatte
musica. Qualcosa che abbiamo
perduto o dimenticato
o rotto forse
per mani troppo grevi, qualcosa
di spezzato. Un silenzio eseguito
un’anima di ghiaccio
conservata sotto sale.
Ma cosa cosa ho perduto
io, mentre ti ascolto
cara faccia del nulla
caro amore senza direzione
care ossa: grazie grazie
c’è stato qualcuno
prima di me. È ora
di affrontare la musica.


*


Io è tanti
e c’è chi crolla
e chi veglia
chi innaffia i fiori
e chi beve troppo
chi dà sepoltura
e chi ruggisce.
C’è un bambino estirpato
e una danzatrice infaticabile
c’è massacro
e ci sono ossa
che tornano luce.
Qualcuno spezzetta immagini
in un mortaio,
una sarta cuce
un petto nuovo
ampio
che accolga la notte,
il piombo.
Ci sono parole ossute
e una via del senso
e una deriva,
c’è un postino sotto gli alberi,
riposa
e c’è la ragione che conta
i respiri
e non bastano
a fare tempio.
C’è il macellaio
e c’è un bambino disossato
c’è il coglitore
di belle nuvole
e lo scolaro
che nomina e non tocca,
c’è il dormiente
e l’insonne che lo sveglia
a scossoni
con furore
di belva giovane
affamata di sembianze.
Ci sono tutti i tu
amati e quelli spintonati via
ci sono i noi cuciti
di lacrime e di labbra
riconoscenti. Ci sono
inchini a braccia spalancate
e maledizioni bestemmiate
in faccia al mondo.
Ci sono tutti, tutti quanti,
non in fila, e nemmeno
in cerchio,
ma mescolati come farina e acqua
nel gesto caldo
che fa il pane:
io è un abbraccio.



*


a L.V.

Perché non c’è pericolo
nel tuo amore
che ci espone alla nuda
luce,
perché la conoscenza è radicale vigilia
dell’altro
e chiede: “Dove sei?
“Dove vivi?”
“Cosa tocchi?”
Perché ogni opera non è
che gratitudine.
Perché è un luogo spazzato
e solo
il luogo delle interrogazioni,
perché distilla uno strumento
sufficientemente delicato
per non spaventare la nostra
carne umana
che trema ai soffi
e alle voci e resiste
ai bisturi.
Perché è ancora tutto
da dire
e insieme
già tutto detto,
perché sappiamo insieme
e l’universo è tutto
tutto abitato
mirabilmente.

                   



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