Diego Conticello
Poeta (1984), de Catania, Italia. Vive entre Como y su Sicilia. Se ha especializado en literatura y filología moderna en la Universidad de Padua con un repertorio de poetas sicilianos incluyendo Lucio Piccolo, Bartolo Cattafi, Melo Freni, Lucio Zinna, Nino De Vita y Angelo Scandurra (La curva mediterranea. Caratteri della poesia contemporanea in Sicilia), que se publicará en monografías.
En 2004 llevó a cabo los estudios, con el método concordanziale, en L'esequie della luna di Lucio Piccolo, para la cátedra de Teoría de la Literatura de la Universidad de Catania.
En 2009 publicó un ensayo esegético-biográfico-figurativo intitolato Lucio Piccolo. La poesía de las imágenes "en el viento de Soave", escrito junto con Franco Valenti y con un epílogo por el maestro Silvio Ramat.
Colabora, como editor, con La Vita Felice y la revista literaria "QuiLibri." Es uno de los fundadores del grupo de blogs de poesía y crítica literaria "Carteggi literaria."
Sus ensayos no publicados y comentarios han aparecido en diversas revistas como «Capoverso», «Incroci», «Arenaria», «QuiLibri», «Euterpe» e alcuni blog come La dimora del tempo sospeso, Nuovi Argomenti, Imperfetta ellisse, Critica impura, Poetarum Silva, La poesia e lo spirito, LaRecherche, Tellusfolio, Compitu re vivi, Wordsocialforum, Il giardino.
Algunos de sus poemas han sido traducidos al español por Pablo López Carballo para la revista anual de la literatura "Fragmenta II."
Está presente en varias antologías incluyendo (S) fruto del Signo, La Vida Feliz 2012 y la evolución de las formas poéticas, Kairós 2013.
Ganó varios premios, entre ellos el poema inédito "Roberto Bertelli" ciudad de Pontedera, la "Ciudad de Chiaramonte Gulfi" y, la mayoría de las veces, el premio de la Fundación Vitaliano Brancati de Catania.
Barocco amorale es su primera obra poética (publicado por LietoColle en 2010 con un prefacio de Silvio Ramat).
NATURALES OXÍMORON
El boj talado
con precisión,
el hibisco no eclosionado
es la índole
de mi tiempo,
mientras explota
-bajo la mesa-
altura de la hoja
de plátano,
una espiga
ennegrecida sobre la ola,
hurgón de chopo
en el viento.
Traducción: Pablo López Carballo
Testi
(Da: Barocco amorale, 2010)
Acqua del respiro
Pioggono
i tuoi occhi
e un abbraccio
richiara
da abissi
spassionati
come acqua cara
al mio e al tuo
respiro.
Silenzio
Taci se non hai mai
scritto d'amore,
un ridace silenzio
nega d'aver rivisto
le labbra sulfuree
della tua donna
o le sue mani
uncinarti
nella respirata
smorfia di un abbraccio.
Vivi a muta disforia
se non hai detto.
Obliquo oltremare
Ah, l'obliquo
socchiuso
delle tue palpebre
nell'oltremare
di notti di marzo,
ha già seguito
le linee del volto
che disgrega
(perdendo e ritrovando)
se doni.
Lasciati i paraventi
Non mi ha cercato
stanotte
transito d'oscurità incosciente,
così t'ho meditata
ora – lasciati
i paraventi –
(solo di fronte
alla vita)
è voglia
d'abbandono,
oblìo in te.
Frammenti
Ammutato,
di notturno
per paura di viverti,
a vastare
idee malsane,
spero il grano
vagabondo
degli occhi
e la corteccia
avara,
inestricabile.
Velo delle cose
Ci coccola
da prossimo
impercettibile
coperta fredda
srotolata
su esili fili
tempali
piombei,
immerge
nell'abbraccio
mattiniero
spaesato,
involge,
strangia
velo delle cose.
In cruccio di solitudini
a Basilio Reale
Lapidario in ironie
tra limonere
e sterrati
in cruccio
di solitudini
si trapassava
al fresco di pareti
in venatura,
immerso tra
sicilianerie e caligini,
nel dolore di ciò
che è perduto.
Ma lo ritrovo
vivo alle mattinate
ormai dismesse,
quando inaspettato
mi ferma per restare.
(Inediti)
Allargare il salvabile
Sorge
col tepore
meridiano
quest'aria
odorata
di stallatico,
trema
i fogliami inermi,
sventra pagliericci,
soppesa
increspature
al ruscello,
poi si fa sottile,
culla i nervi
dell'ortica,
l'erbe lega a fili
di memorie
in freschi
svanenti abbandoni.
Lastre di pianto
Ondeggiano lastre
dello stretto
su un fondo mobile
di perenne
pianto,
come una macabra
giostra
sul nero
fondale delle cose.
Oramai abbiamo scavato
ma non si trova
il perno,
vi s'inceppa melma
sfrangiata
da queste correnti aberrate
che inghiottono
lo scanto
del varco
e ci abbuiano
gli occhi.
La distruzione delle cose
a Fabio Pusterla
Riflessi,
nuovamente piegati
soggiogati buoi/bestie
alla morsa del tempo
al buio come morte.
La distruzione delle cose.
E i nomi lì a rifulgere,
rifiutare di piegarsi,
di nuovo fare luce.
Cosmagonia
a Lucio Piccolo
Se un'enorme massa,
una dell'infinita
gragnuola
trapassante le galassie,
sfondasse i fragili
veli sferici
ad un'ora, ad un tempo preciso,
avremmo un'altra Tunguska,
impensati megatoni
del tramonto.
Questione di traiettorie,
risucchi implosivi
per cui siamo
conigli abbagliati,
sagome inutili
inette a smuoversi.
Chimiche brillanti
attraversano le ere
proiettando particole, orologerie
cieche puntate nelle tenebre,
luci scottanti della fine
l'universo enfiato
in un punto
che tutto sugge,
il nero foro dei mondi,
ombra contratta,
nulla allo stato puro.
Oscureremo per troppa chiarità,
un collasso
per veemenza di stelle…
entropia
non è piacere
di belle metafore e brune
ma morte della luce,
fuga da grazia
materna,
totale penetrazione
del gelo.
In un grande strappo
il mietitore fosco
espanderà questa
illusione vitale
esternandola all'oscura potenza
sebbene
serbiamo il segno,
unica serie di curve
al limite del sensibile
nella sera del cosmo.
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