martes, 12 de mayo de 2015

ARNALDO EDERLE [15.935] Poeta de Italia


Arnaldo Ederle 

Nació en Verona, Italia donde vive, el 12 de septiembre de 1936. Poeta, crítico y traductor, con un grado en Lenguas y Literaturas Extranjeras, enseñó durante varios años en la Universidad de Verona Lingüística y del Idioma Inglés en la Escuela Secundaria. Paralelamente a los estudios de idiomas, también ha seguido estudios de música: solfeo, armonía y piano. 

Publicado: 

Le pietre pelose ben osservate (Verona, Ferrari, 1965), Vocativi e querele (Milano, Il Trifoglio, 1981), Partitura (Milano, Guanda, 1981), Intermittenze (Malaga, Caffarena, 1981), Il fiore d’Ofelia (Milano, Società di poesia/Bertani Ed, 1984), La chiesa di Santa Anastasia (Verona, Office Automation, 1992), Contrechant (Mondadori, Almanacco dello Specchio n.14,1993), Paradiso (Udine Campanotto, 1994), Il caso Tramonto, racconti 1974-78 (Udine, Campanotto, 1995), Cognizioni affettive (Roma, Empirìa,2001), Arcipelaghi (Ascoli Piceno, Grafiche Fioroni, 2002), Sostanze (Verona, Bonaccorso, 2004), Varianti di una guarigione (Roma, Empirìa, 2005), 10 Divagazioni sul corpo umano (Mondadori, “Almanacco dello specchio” 2008), La luce dei cristalli, scritti critici (Verona, Bonaccorso Ed. 2008), Stravagante è il tempo (Roma, Empirìa, 2009, finalista prima rosa al Premio Viareggio-Repaci, 2009), Sandwich, romanzo (Verona, Bonaccorso, 2010), Frammenti imprevisti, Antologia della poesia italiana contemporanea, a cura di A.Spagnuolo (Kairòs Ed. 2011), Poeti e poetiche a cura di G.Lucini (CFR Ed. 2012), Vocativi e querele, 2^ ediz. (Piateda, CFR ediz., 2012), Negrura (Piateda, CFR ediz. 1912), Poemetti per Negrura (Piateda,CFR Ed.2013). Oltre ad aver tradotto da G.d’Aquitania, J.Clare, S.J.Perse, M.Maeterlinck, ha curato e tradotto per Guanda due libri di prosa: Ombre italiane di Vernon Lee (Biblioteca della Fenice, 1988) e Amanti assassinati da una pernice di F.García Lorca (Quaderni della Fenice, 1993). E’ stato tradotto in spagnolo, inglese, olandese. Scrive per “L’Arena”, “Il giornale di Vicenza” e “Bresciaoggi”. Collabora a “Poesia” di Milano



SANGRE 

Quién sabe si la sangre se enamora.
Y de quién y de qué.
Podría enamorarse de una rosa,
lleva el mismo color si es roja,
pero ciertamente no su perfume.
No todos conocen el olor
de la sangre.
Hay que ir a los campos
de batalla, o entre los bisturíes
de la cirugía, entre los jirones
de carne, y espíritus consuntos
que en la sangre enjuagan
sus pecados,
aunque jamás los hayan cometido.

VERSIÓN DE JEANNETTE L. CLARIOND




SANGUE

Chissà se il sangue s’innamora.  
E di chi e di che cosa. 
Potrebbe innamorarsi di una rosa, 
ha il suo colore se è rossa,  
non certo il suo profumo.  
L’odore del sangue non tutti  
lo conoscono. 
Bisogna andare sui campi  
di battaglia, o fra i bisturi  
della chirurgia, fra brandelli 
di carne, e spiriti consunti 
che nel sangue sciacquano 
i loro peccati, 
anche se non li hanno mai commessi.




A MIGUEL HERNÁNDEZ

Aunque bajo la tierra
mi amante cuerpo esté,
escríbeme a la tierra
que yo te escribiré.


En una carta amarga,
en el pico gentil prendida
de una paloma que vuela
con alas de azúcar,
así escribía un poeta
desde una cárcel húmeda y sucia
traicionado por su patria:
Sus labios han perdido
la fuerza de pronunciar,
están áridos, picados,
frágiles y entumecidos.
Los labios del poeta sirven
sólo para beber un poco de agua,
para recibir un mendrugo
de pan enmohecido.
Los labios ya no sirven,
pronuncian con la mente
y escriben con un tintero
lleno de arena y sangre:

Seppure sotto la terra
con il Corpo amante sto,
scrivimé nella terra
che io te scriveró.

Traducción del italiano:
J. L. Reina Palazón




da Il fiore di Ofelia



Partitura - Parte prima

II

E’ tutto chiaro, il tempo e la stagione,
la polvere calda del sentiero
alla collina, a filo di parete
contro le mura.
C’è anche Oliviero, un nome che fa ridere,
con la ragazza che volevo per me.
Dora, amuleto, un orecchino e una ragazza
(non mi ricordo s’erano già parte
della mia persona, parole del mio
lessico incosciente).
Ora la rivedo così, dentro una lente rosa
(per un momento forse, poi mi vergognerò
e tento d’incalzarmi con l’occhietto
benevolo del sapiente amico che diceva:
non mollare, facile è dire, ma fare il dire,
ecco l’impegno e l’orbita del genio).
Dentro una lente rosa si muove
la ragazza che Carla non è, che mi guida
piena di grazia alla coscienza dell’amore serio
da presentare a casa:mio padre, mia madre....
Io vestito da uomo nella mia giacca grigia
foderata, a un petto, mi siedo e prendo
un caffè, ma lì in cucina, tanto
non sono già di famiglia? "La mamma
non gli’importa se stiamo vicini, basta
che non esageriamo, quello si sa. Ha più piacere
di vederci qui" (dentro una lente rosa)

Afferasti volgendoti graziosa
Il viscido argomento per le corna
Con due dita. Adesso il conto torna:
Il manichino s’è rimesso in posa.
Non cantar non danzar
Non correre la cavallina
Non gridar non chiamar.
(Che cosa mai vorrà dire
Erigere confronti, resoconti
Ponti da qui a là
Difficili da traversare
Senza piangere o ridere
Senza farli tremare?)

Pomeriggio, alle quatto è quasi buio. Scale
d’arrampicare con due libri in mano.
E la sua testa nera nel la fessura,
affresco d’un soffitto a volta. Le rampe
sono lunghe e snelle. Salgo con il capo
sporto in mezzo alle ringhiere, la falda
della gonna a ruota trasborda i ferri
ma non si vede niente, lei sorride
ma non è maliziosa, i corrimano
arrivano veloci fin su, prima di me.


Impressioni su marmi e frati

Ombrosa polvere giaceva morbida
sul braccio dell’angela che addita
la probità e il coraggio
del commendatore.
Guardavo le pieghe della marsina
e il fianco della confortatrice.

*

Sta scritto sul frontale
Udite Aride Ossa
La Tromba del Signore.
Un frate cimiteriale
si chinò e raccolse un verde
che spuntava dalla terra smossa
d’una lastra verticale
e masticò una foglia.

*

La piaga della conoscenza
bigia incagnita, nel rigido cappuccio
imberrettata (morte?)
e il frastuono che fa questo frate
le sedie per accomodare della messa.

*

Nice things should not exist
But since they do
They should be forever.
Così un gatto
mangiatore di morti rifletteva,
la sua cena imbandita
sopra una lastra blu-notte
venata in diagonale.




da Paradiso
Paradiso


3a domenica
(io)

Nel mio disegno si vedono vicine
la casa bianca dove stai tu, monumentale
con cornicioni timpani colonne, neri
cancelli (dietro ho abbozzato punte di cipressi)
e la casa con la scritta VINO che sporge
sul cartello ondulato come una bandiera.
Bassa, è la più vecchia di Vicolo Rosino,
il suo colore lo pensavo rosso, così
l’ho scritto sulla mia facciata.
Ma è grigio, forse nemmeno grigio.
Poi l’argomento, PARADISO: Chiereghino,
Duilio, Mariano VS INFERNO: Corradi (oste),
Boselli (pittore), il mantovano, Girelli (manovale).

(Chiereghino)
Progetti anche ai tuoi tempi, Duilio,
d’indorare una ditta in stile liberty,
specchio e oro e la donnina in bianco
bionda, ricciolina. Ne vedevo
bellissime nel Corso,
nelle vie attorno al Duomo.

(Duilio)
Si prendevano foglie d’oro puro
quadrate, sottilissime. Bisognava soffiare
debolmente come sulla bua dei bambini.
E la foglia si staccava e volava brevemente
dall’album alla spazzola piatta e si stendeva
sopra tremando come presa ancora
da una brezza.
Poi con vernice trasparente si fissava
l’oro sulla lettera vuota con i bordi
già pronti, dipinti a poggiamano e pennello
e col coltello tagliavi dritto
sulla sbavatura e avevi il viso
impolverato d’oro, i sopraccigli,
e la barba un po’ lunga.

(Chiereghino)
Rode, contrà, botteghe.
E’ lunga la giornata adesso,
i colonnati, i cipressi del viale,
contarli e ricontarli, lo scorrere del cielo
nostro divino azzurro fra terreno
e immortale passa sull’attimo
che rimane come nacque nel mondo,
sempre lo stesso tratto da contare
sperduto in una retta.
Rode, contrà, botteghe
senza premura, niente che ci aspetta.




da Cognizioni affettive

Apparizioni

2.

Quando sfoglia la rosa e tira il vento
in quel di Venezia, Duilio stava in posa
davanti a San Marco con le pieghe
dei pantaloni che sbandieravano larghi,
chiari e leggeri. La borsa che teneva in mano
lo fa sembrare un diplomatico a spasso tra una colazione
e un imminente incontro all’ambasciata.
E’ sempre stato molto elegante quando si trattava
di farsi ricordare.
Doveva essere autunno, ma non c’è mai una data
in queste foto d’antan.


5.

Rosa il colore dei merli sulle mura,
rosa la ragazza in posa tra due svolazzi di mattoni.
E rosa il cielo che scorre dietro le nubi
lentamente e liscio come seta.


8.

Ha sempre avuto il senso del carattere,
la circostanza l’ha di rado tradita, un obbligo
che con costanza ha rispettato in ogni caso
diverso, nella forma e nella sostanza. Qui
era la compunzione, la serietà marcata dell’arco
sopracciliare, e lo sguardo che doveva significare
l’impegno del comunicando. Fortuna volle
che la panca addobbata dal pizzo con calice
e particola non fosse troppo alta:
so vede bene il bracciale di raso bianco
e Matteo lo dice ancora con gli occhi
che la sua parte l’aveva perfettamente compresa.


17.

Padre, madre, sorella. Ancora rocce in fondo
dopo gli alberi, la cengia alta della Tofana
passa a mezzo centimetro dalla testa di Rosa.
Dietro a Duilio spunta una specie di pennacchio verde
che stacca il candido dei suoi capello dalla casta
neve della cima. Tale e quale è rimasta Liliana,
terza presenza, bambina montanara che guarda dritto
con tanto d’innocenza.
Chant


Chioggia

E poi il ritorno dopo ombre e luci
sulla lingua di terra in mezzo all’acqua
bassa con le briccole strette l’una all’altra
e il velo d’aria bianca che filtra
barche e campanili, e affonda i cuori
in un bagno d’odori tremolanti. Chioggia,
la festa della pesca.
Ai pescatori dedicò Pisolini un Com’isso
trepido e forte che racconta braccia
e reti, volti e laguna, cruna
dilatata dove passano il tempo e la fatica.
Il canto delle donne in terraferma
il ritorno santifica.
Noi siamo seduti in piazza e la pellicola
ronza immagini e suoni, ci confonde
c’irrita, ci ammalia,
prova perfino a metterci d’accordo
sulla formula uomo umanità.


Dolo

Quando uscimmo dall’antro di Buzzati,
dalla grotta del dragoni piombo e risalimmo
al paradiso dei casti terminali,
non m’ero accorto ancora
della tua sofferenza. A Dolo
il dolore gustai masticando il pescetto,
e in un’ombra, piccola gaia sfera di vino,
il tuo viso comparve sorridente.





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