Foto di Dino Ignani sito www.dinoignani.net
Silvia Bre
Nació en Bergamo, Italia en 1953. Ha publicado el poemario I riposi (Rotundo, 1990) y Le barricate misteriose (Einaudi), que ganó el premio Montale. En 2007 publicó el libro Marmo (Einaudi), ganador entre otros, del Premio Viareggio. Para las ediciones nocturnas publicados en 2006 "Sempre perdendosi", éxito que trajo al teatro Alfonso Benadduce. Ha traducido, entre otras, Il Canzoniere di Louise Labé (Mondatori 2000) e Centoquattro poesie di Emily Dickinson (Einaudi 2011).
NO HAY COSA que yo digo que no diga
que yo vivo otra vida que es más viva
de esta misma mía que vivo y digo.
Es como estar un palmo bajo la tierra,
entre semillas que tal vez florecerán—
un poco más abajo es donde yacen los muertos
pataleando eternamente más allá de la vida.
Y allí permanezco muda: espero,
sigo esperando, todavía espero,
no me detienen ni el sol ni la luna,
hasta que llegue el verde y cubra todo
hasta mi corazón abierto a la gran vista.
Parece ser así la dicha dura
de un ermitaño en la cima de una columna
en el desierto.
VERSIÓN DE JEANNETTE L. CLARIOND
NON C’È COSA ch’io dico che non dica
ch’io vivo un’altra vita che è più viva
di questa stessa mia che vivo e dico.
È come fosse un palmo sottoterra,
tra semi che magari fioriranno –
un po’ più sotto è dove stanno i morti
a scalciare in eterno oltre la vita.
E lì io me ne resto muta: aspetto,
continuo ad aspettare, aspetto ancora,
non mi fermano il sole né la luna,
fino a che arrivi il verde e copra tutto
fino al mio cuore aperto alla gran vista.
Pare che sia così la gioia dura
d’un eremita in cima a una colonna
nel deserto.
DÍAS
Mientras las abejas, las hiladas de la uva, el calor,
los manojos de albahaca, las miradas,
los cuatro girasoles y el pensar,
los mosquitos, el aire de menta, todo
va directo a deshacerse en las alturas
en tanto nosotros estamos en paz
bajo el olivo más viejo del huerto—
cuerpos, para retener aquel encanto.
Nadie jamás tocó el tema.
VERSIÓN DE JEANNETTE L. CLARIOND
GIORNI
Mentre le api, i filari dell’uva, il caldo,
i ciuffi di basilico, gli sguardi,
i quattro girasoli e il pensare,
i moscerini, l’aria di menta, tutto
se ne va dritto a sfarsi verso l’alto
noi intanto ci lasciamo stare
sotto l’ulivo più vecchio dell’orto –
corpi, per trattenere quell’incanto.
Nessuno ha mai toccato l’argomento.
Si nuestro lugar es donde
Si nuestro lugar es donde
el silencioso mirarse de las cosas
necesita de nosotros,
decir no es saber, es la otra vía,
siempre fatal, de ser.
Tal la geografía.
Se está así en el mundo,
pensativos aventureros de lo humano,
se es la forma
que se forma ciegamente
en su decir de sí
por vocación.
La fine di quest'arte, Einaudi, Turín, 2015
Versión de Jorge Aulicino
Se il nostro luogo è dove
il silenzioso guardarsi delle cose
ha bisogno di noi
dire non è sapere, è l'altra via,
tutta fatale, d'essere.
Questa la geografia.
Si sta così nel mondo
pensosi avventurieri dell'umano,
si è la forma
che si forma ciecamente
nel suo dire di sé
per vocazione.
Le Parole
L evigata costruzione di consapevolezza è la sua poesia, che porta la nostra febbre interiore a riflettere su questo mondo delirante che solo una nuova visione può salvare.
L a sua poesia è questa ricerca, questa voglia di trovare con la sua voce tesa e ferma, l'urlo di una risposta nuova, che da dentro "occhi ignoti sa entrare, dentro ai nostri occhi di pietra".
e qui dove io sono io non sono
che la pace profonda di me stessa
e non so più che sono
e nemmeno un pensiero che mi venga
in questo luogo astratto della storia
per quanto lieve volli la mia vita
mai quanto volli lieve la mia morte
e ormai che sono qui
io sono quieta
soltanto
a volte
come fosse in sogno
sento due occhi ignoti
entrare
dentro i miei occhi di pietra.
Marmo (Einaudi)
Le barricate misteriose (Einaudi)
da Passi
Q uali ripari vado immaginando…
È dove non s'avverte che universo
remoto al mio dolere e le sere
farsi previsione sterminata, case
libere al vento. Sono le illuse strade
dove la fortuna d'un momento
sparendo mi ritrova e io m'accendo
alla più magra luna senza cielo:
con tanti minuscoli bagliori
si fa il sereno d'una notte.
Così il tempo mi svola, le ali accosta
nella fine di una lucciola stanca
a cercar sosta – ma pure i fili d'erba tra le rovine
sono contenti della primavera
e per la quercia grande che m'invento
s'allunga in belvedere una finestra
via dal deserto, e l'ombra piove,
come se fossi già quel che divento.
*
da Edere
A scolta, un viale avevo
di sterminate rose
da guardare la sera,
cieli di viole
che l'edera rampava a grandi tele,
avevo corde amorose.
E guarda adesso
com'è tutto raccolto in un mirino,
che finalmente la mia strada ho perso
nel mondo delle cose
e mi sento salire rami nuovi
e il cielo ce l'ho steso sulle dita
e amo, e mi rinchiudo
tutta nella vita.
*
da Il parco
I o vado destinata a un sentimento
che ha la forma del parco che ora vedo,
e ciò che vedo è il viale in cui l'inverno
è rami, pietra, acque, tramontana,
e passi di una donna che cammina.
Ma per come procede e come leva
lo sguardo secolare sulle foglie,
lei è la specie, a lei torna la rima
nella quale riposa il mondo intero –
così la qualità del giorno vaga
continuamente tra le parole e il cielo.
Marmo (Einaudi)
da L'argomento
T utto l'essere qui
non viene detto –
resta da solo in noi
già benedetto
se solo lo si lascia respirare
vagamente
come un fiato continuo dentro un flauto
con noncuranza
come un verso un cielo non guardato.
*
da La figura
O gnuno vuole avere il suo dolore
e dargli un corpo, una sembianza, un letto,
e maledirlo nel buio delle notti,
portarlo su di sé tenacemente
perché si veda come una bandiera,
come la spada che regala forze.
Ma c'è persa nell'aria della vita
un'altra fede, un dovere diverso
che non sopporta d'esser nominato
e tocca solamente a chi lo prova.
È questo. È rimanere
qui a sentire come adesso
l'onda che sale nelle nostre menti,
le stringe insieme in un respiro solo
come fosse per sempre,
e le abbandona.
Ma nemmeno la pupilla d'un cieco
dimentica l'azzurro che non vede.
*
da L'opera dell'arte
C he baci appassionati
si danno di nascosto le tue rime
quale piacere stringe tra loro i versi
è godimento avere in bocca il senso
da capire.
(È sera, dico le tue poesie
confesso lenta al buio
brevissime bugie.
Così è l'incontro,
nel tempo che s'arrende
e mentre la rete larga
della grammatica
della poca sintassi
si rapprende
nell'impressione acuta
d'essere vicini
forse è da qui che passa
semmai ne esiste una
la storia impensabile
della letteratura).
Sempre perdendosi ( Edizioni nottetempo)
Sebastiano
Poiché il cielo è così alto io sono un servo:
è giusto non dormire.
La gola è stretta, da intonare all'urlo,
dentro ho la vocazione maledetta.
Ma mi confondo
con tutto questo sonno.
Amo senza capire.
E' non capire, che amo fino in fondo.
Mi spoglia
mi porta in giro sanguinante.
Lo spazio che mi cerca e che mi strozza
è un movimento andato
dove mi trovo infermo
nella malinconia d'essere altro.
Io vengo deportato
vengo allo sguardo.
Meno non posso.
Essere qui col corpo, col dolore,
tutto ferito, pronto al mio assalto,
a un altro finire ancora dietro l'altro.
Silenzio
Ecco, mi scordo, mi slego -
sarà lo smarrimento a suggerire
quasi una formula, un confine,
forse una frase sola che sia tutto,
un'eleganza
che vanti fino al nulla questo lutto.
Mi perdo
per un'arte che raduna
e rallenta ogni gesto in una forma
e in ogni forma il gesto che saluta.
C'è dello spazio negli occhi da riempire
e nella mente occorre una parola
da ridire con le labbra nella notte
fino a quando la notte si rovescia.
Così gira una ronda innamorata
così canta quel coro che s'ammira.
Si è parte
dentro una belva che si sfama.
Ah, mi fa stare qui, a cantare il coro -
che l'ultimo volere
sia questo stringersi nell'ultimo tono
come un filo che pende nel pensiero,
che si insegue perdutamente,
che ci dimentica.
Colpo
Qui io magistralmente scongiuro di morire –
finché mi tocca sfondo la mia scena,
la svesto, la depongo
con dentro tutto il sonno da dormire.
Faccio di meno intanto
faccio a meno
abbasso la pretesa, mi riduco –
la vastità immisurabile del luogo
forzata nella vastità della mente,
nella tenuta stagna delle parole.
Ma non è vero –
è così che si muore
ve lo dico: sempre perdendosi
per sempre.
Beati voi che dormite.
Un cuore invece batte a sangue,
sa il mio nome.
Nessuna faccia smetta di infierire,
va in cerca pure lei della sua fine
oltre la pelle
in me che sono vuoto,
nell'anima del corpo
tra i muscoli, tra i nervi
che si fanno da parte,
nel buio ostinato della vita
che rinchiude la morte.
È a me che lo fa dire,
a un disgraziato, al servo –
mi tortura il respiro
lo sorprende, lo scuote,
che io rimanga sveglio! che io gridi…
Così un altro rinvio
eppure addio, addio
addio sempre.
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