jueves, 18 de diciembre de 2014

IGOR COSTANZO [14.256] Poeta de Italia


IGOR COSTANZO

(Desenzano del Garda, Italia  1980). Poeta, escritor performer y, desde 2010, también editor (Volo Press Edizioni). En 1998 escribió la pieza teatral “Las heridas abiertas por la monotonía”, para Rai3. Desde 1999 colabora con Enrico Ghedi de los Timoria, con el que desarrolla muchos readings, entre los más importantes recordamos Shakespeare & Co, en París. Es asistente de Francesco Conz, titular del homónimo archivo veronés.

En poesía ha publicado: I wish to be light, (CC Marimbo di Berkeley a cura di Jack Hirschman), Innocenza in Bilico, (Zanetto Editore) ambos en 2005, o “Apnea”, de 2013. En 2010 y 2013 apareció en las antologías “Revolutionary Poets Brigade” y “Il cavallino blu”. Ha sido coordinador de varios eventos, la mayoría de poesía, tanto en ciudades italianas que europeas, colaborando con artistas como Alda Merini, Neeli Cherkovski, Omar Pedrini, Agneta Falk, Alberto Masala, Paul Polansky, Stefania Battistella, Antonieia Villamil, Mark Lipman, Lawrence Ferlinghetti y Jack Hirschman, entre otros.

La selección de estos poemas se hizo con la complicidad de Beppe Costa y Stefania Battistella




TRADUCCIONES DE STEFANIA DI LEOY



SOMOS NIEVE AL SOL

y juntos vamos
hacia una dulce muerte,
atrapándonos al tiempo
como al último tren,
sabiendo que no pasarán otros,
al menos durante esta noche.
Tiende la mano,
pero los gestos cercanos son lejanos
y las palabras pueriles
se convierten en vinagre con los años.
Cierto, se necesita fuerza
cuando nos quedamos atrapados
en espejos que reflejan cosas que nos ciegan,
yo mismo a menudo me extraño
por la fuerza de sacar adelante
estos días infinitos.






ITALIA

Italia me has roto el corazón,
después de años de espera puedo decir
yo te amo todavía, pero a lo mejor
ahora es tarde y tú eres siempre
más despiadada al renegarte.
Vivo la congoja de verte tapar
la cara, sin darte cuenta
que eres bellisima, quizás porqué
no te lo dice más nadie, entonces
te lo digo yo y a todo pulmón.
Pero tú no escuchas y te ahogas
en tu mierda televisiva y te volteas
como un involucro vacío,
con una imprimida sonrisa
demencial sobre la cara.
Que sepas que me has tocado las narices
con tu negligencia y flojedad,
eres una madre alcohólica, preocupada
sólo de ser todavía presentable,
mientras tus hijos matan a los hijos
que matarán a otros hijos
y tu casa está casi vacía
y tú te mueves sola y desconsolada,
esperando que alguien te coja de la mano,
como cuando eras joven y despreocupada.
Italia, querida patria mía, haz que tu mano
ya no esté fría de muerte, tu amante
podría llevar una cruz
y bastaría levantarla a sus pies
de tu jergón para que tú seas
el más hermoso fantasma en la historia del mundo.






COMBATO A LOS DEMONIOS

en la sombra del alma,
pero estás lejana y me faltas.
En medio del temporal del corazón
no rezas para mí,
entre zarzas de pensamientos
no rezas para mí.
La vida se vuelve a abrir y cuando
es tarde ya es demasiado tarde
para otras soluciones.
Mi corazón es un bonsái
con raíces de sequoia,
soy un monstruo, sé
que el amor es sólo energía,
energía que crea una energía nueva
y estoy convencido
que la muerte la amplia,
como un canto recordado
y hallado
en un lugar desconocido.





CARLOTA

A veces entra la duda
si seguir o no
todo eso.
Si pienso en la violencia,
en la ignorancia (que es todavía peor),
en las fealdades humanas
que se repiten infinitas en los siglos,
en los siglos de los siglos 
desde siempre,
me pregunto
el motivo que me hace levantar
de la cama por la mañana.
AsÍ el clamor
de los porqués se derriba
como granizo
sobre mis ganas de existir.
Al final intento darme
sólo una respuesta:
¡Carlota, has nacido!
Hasta que seamos bendecidos
por el milagro de una nueva vida
podremos llegar a edificar
un mundo de armonía y de belleza.






QUERIDA FINLANDIA

que desde lejos me llamas,
espina en el corazón dolido
que nunca me has abandonado.
Recorrida en los bosques del breve verano
con los pies desnudos
o en la nieve donde poder pintar
imágenes inmaculadas
en el largo invierno
que hace enloquecer el que no te ama.
Perla en la historia
que se guarda en tu pequeña
existencia limpia, charca
donde las carpas se deslizan
como en un haiku.
No sé si te amo sólo porque
era rubio y me acariciabas
niño o porqué en tus ojos
veo a mi madre.
Queda que te amo como lejana
amante un día conocida 
y perdida al siguiente día.



http://www.crearensalamanca.com/poemas-del-italiano-igor-costanzo-traducciones-de-stefania-di-leoy


Portada del último poemario de Igor Costanzo


Igor Costanzo Desenzano del Garda (Bs).

Poeta, scrittore, performer e dal 2010 anche editore.



con Fernando Arrabal 


Nel 1998 scrive la piece teatrale Le ferite aperte dalla monotonia per Rai3.
Dal 1999 collabora con Enrico Ghedi dei Timoria, con il quale svolge numerosi readings, tra i più importanti ricordiamo quello alla Shakespeare & Co di Parigi.
Dal 2001 è assistente di Francesco Conz, titolare del’omonimo archivio veronese.
Sono di questo periodo amicizie come quella con Kaprov, Ferlinghetti e Hirschman.
Nel Nel 2005 pubblica il suo primo libro di poesia I wish to be light, presso la casa editrice CC Marimbo di Berkeley curata e tradotta da Jack Hirschman, al quale è seguita una tournee di un mese in California, nei luoghi più importanti della scena letteraria della East Coast, come City Lights, Beat Museum ecc.2007 consegue la laurea magistrale in Lettere all’Università degli studi di Verona.
Nello stesso anno esce la sua seconda silloge Innocenza in Bilico, Zanetto Editore. Nel 2010 è pubblicato nell’antologia Revolutionary Poets Brigade, dell’editore Caza de Poesia di Los Angeles. Sempre nel 2010 apre la piccola casa editrice Volo Press insieme alla compagna Paola Caraffa, esordendo con la pubblicazione di Boxing Poems - poesie sul pugilato - di Paul Polansky. In questi ultimi anni ha curato vari eventi, in maggioranza di poesia, sia in varie città d’Italia che d’Europa, collaborando con artisti quali Alda Merini, Neeli Cherkowski, Omar Pedrini, Agneta Falk, Alberto Masala, Paul Polanski, Ville Hytonen, Antonieia Villamil, Mark Lipman, Lawrence Ferlinghetti, Jack Hirschman.
Dal 2014 insieme a Beppe Costa, cura la collana della Seam "Inediti rari e diversi"



"La voce" del Poeta Pasolini

Con le tue ali
libravi nel vento del verso;

come un'ardente luce
vestivi il vago crepuscolo
del mondo di colori
sinuosi e sanguigni.

Bellerofonte con l'intelligenza
d’un cuore per il quale
il coraggio era semplice istinto.

Come gli svassi
che rincorron la primavera
ci guidasti via dalle svastiche
di ogni sorta 
e se eri stanco
ti posavi su di uno scoglio
od un peschereccio
a pensare a tua madre.

Poi un bagliore nero,
da quelli che
credon che
bastino i bastoni
ad uccidere un poeta.

E in un secondo luogo un secolo
l'Italia fu chiara e tersa come non mai
e abbiamo capito
che la verità vive
solo negli spifferi delle strade
che non sentiremo mai,
negli occhi di chi mente
che non vedremo mai

la verità vive in quei quartieri
dove vive la gente vera
dove ti sentivi vero anche tu
e non più trasparente,
dove trovasti la felicità
e la morte.

Non so se ora ci vedi,
ma so cosa diresti
e so che dovresti rifare le stesse cose
perché qui nulla è cambiato,
non siamo cambiati nemmeno noi,
noi, quelli di sempre,
ma cose sempre ci ameresti
o Pasolini,
senza rimpianti



Italia

Italia mi hai spezzato il cuore,
dopo anni di attesa posso dire
ancora di amarti, ma forse
ormai è tardi e tu sempre
più spietata nel negarti.

Vivo l’angoscia di vederti coprire
il volto, non accorgendoti
che sei bellissima, forse perché
non te lo dice più nessuno, allora
te lo dico io e a pieni polmoni.

Ma tu non senti e affoghi
nella tua merda televisiva e ti aggiri
come un involucro vuoto,
con stampato un sorriso 
demente sul volto.

Sappi chi mi hai rotto i coglioni
con la tua negligenza e il tuo lassismo,
sei una madre alcolizzata, preoccupata
solo di essere ancora presentabile,
mentre i tuoi figli uccidono i figli
che uccideranno altri figli

e la tua casa è quasi vuota
e tu ti muovi sola e sconsolata
aspettando che qualcuno ti prenda per mano
come quando eri giovane e spensierata.

Italia, amata patria mia, fai che la tua mano
non sia già fredda di morte, perché il tuo amante
potrebbe portarti una croce
e basterebbe innalzarla ai piedi
del tuo giaciglio perché tu divenga
il più bel fantasma della storia del mondo.





Nemmeno poesia lo può contenere
(a Francesco Conz)

Scrivere di te caro Francesco
non m’è mai riuscito,
ho sempre pensato che la tua
morte avrebbe riemerso
le parole in modo nitido,
ordinato, in fila come
soldatini, ma niente.

Questo perché un uomo
come te nemmeno una poesia
lo può contenere.

Provo grande dolore
maestro mio adorato
ogniqualvolta ti pensi,
perché oltre al mio amore
di discepolo mi ritrovo
orfano di un’intera
epoca, madre di molte
generazioni, per ultima
la mia.

Non voglio fare elenchi,
scaccerò questa tentazione,
chi vorrà scoprire i tuoi artisti,
la tua collezione, potrà
cliccare e cliccare
e probabilmente in mezz’ora
crederà di saperne di più,
ma non è così.

L’Archivio Conz
era un’Atlantide
riemersa: una società
parallela dove la moneta
di scambio era la conoscenza
intesa come elaborazione
creativa e multimediale.

Una profonda filosofia
di vita, trasgressiva e illuminata,
e tu ne eri il re indiscusso
eletto a furor di popolo
per acclamazione,
ma ora dove sei,  in cosa
ti sei trasformato? Trovi
qualcuno con cui parlare
di Fluxus o Azionismo viennese?

Forse sei al banco di un bar
con Marinetti e Duchamp
a bere quel Valpolicella
che ti piaceva tanto, forse.

Di certo c’è che i tuoi
insegnamenti vivranno
in noi per sempre, così come
il nostro affetto,
è stato un onore
conoscerti caro maestro
e come acqua cerca acqua
spero di rivederti ancora
chissà dove chissà quando.






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