Maria Luisa Vezzali
Maria Luisa Vezzali (ITALIA, Bolonia 1964) vive en Bolonia. Como traductora se encargó de Crocetti nel 2000 Cartografie del silenzio, una antología de la poeta estadounidense Adrienne Rich.
Como poeta, hizo su debut en 1987 con la colección L’altra eternità (Edizioni del Laboratorio). Sus poemas han sido publicados en Alemania y España.
lengua roca
en las prisiones o en la cabeza
o bajo la arena gris de los desiertos
las palabras pueden morir
como los hombres
una vez arrancado
el tejido que las contiene
abierto el barranco que las precipita
entre los átomos que se estremecen al contacto
la materia harta se retrae y se hace añicos
como en una espece de lluvia de pedregullo
solo el modo (a plomo)
con la espuma del agua en las orejas
solo el peso (el estorbo)
la lengua roca
que se enrosca en la boca
succionando inarticuladas
denegaciones
solo la cosa sin flexión
las perífrasis que andan a tientas
entre los sonidos como lazos
y nosotros fatiga y ruego *
y el habla en la noche
al otro lado del tajo del canal frío
como triangulando con las estrellas
y la casa muy encendida en el recuerdo
llena de pasos de invernáculo de espera
la articulación de horizonte sobre los labios
la tetera silba el canto entre los techos
el olor de la piel de la mano
que es como una tierra de arribo
al volver
pero volver
es difícl
permanecer es difícil
mi tiempo te lo doy
la espalda el cuerpo te lo doy
a cambio de un cucurucho
pero no la cara la expresión de los ojos
la boca
si quieres disparar dispara al cielo
nosotros no somos
pájaros
* Este texto nace del impacto provocado por las entrevistas con trabajadores extra comunitarios, heridos durante los desordenes en la pequeña ciudad calabresa de Rosarno en enero de 2010. La última estrofa es una cita textual.
Versión de Jorge Aulicino
lingua sasso
dentro le gabbie o nella testa
o sotto la sabbia grigia dei deserti
le parole possono morire
come gli uomini
una volta strappato
il tessuto che le contiene
una volta strappato via
aperto il burrone che le fa cadere
tra gli atomi che rabbrividiscono al contatto
la materia nauseata si ritrae e frantuma
come una specie di pioggia di pietrisco
solo il modo (a piombo)
con la schiuma dell’acqua nelle orecchie
solo il peso (l’ingombro)
la lingua sasso
che si rotola in bocca
succhiando inarticolati
respingimenti
solo la cosa senza flessione
le perifrasi che brancolano tra
i suoni come lacci
e noi fatica e prega*
e parla nella notte
di là dal taglio del canale freddo
come triangolando con le stelle
e la casa troppo accesa nel ricordo
piena di passi di serra d’attesa
lo snodo d’orizzonte sulle labbra
la teiera fischia il canto tra i tetti
l’odore della pelle della mano
che è come una terra d’approdo
all’indietro
ma tornare indietro
è difiscile
stare qui
difiscile
il mio tempo te lo do
la schiena il corpo te lo do
in cambio di un cartoccio
ma la faccia l’espressione degli occhi
la bocca
se vuoi sparare spara in cielo
noi non siamo
uccelli
2010 (inedito)
* Questo testo nasce dall’impatto con le interviste dei lavoratori extracomunitari feriti durante i disordini avvenuti nella cittadina calabrese di Rosarno nel gennaio del 2010. L’ultima strofa è una citazione letterale.
Della violenza
vieni, taglia il ramo che il germoglio non brucia
taglia la maniglia della porta, il raggio
della ruota che non gira, taglia
la strada che non sfiora le lontananze
vieni, taglia il vento che tossisce al buio, accendi
il sangue che s’imbarca fischiando verso il danno
quello che può succedere succederà per te
nelle cose vicine come nelle cose nascoste
e tu non saprai neppure quando, cosa
non saprai minimamente fino a dove, saprai solo
allo sportello della banca radicale
il valore di cambio del timore
No hay comentarios:
Publicar un comentario