STEFANO DAL BIANCO
Stefano Dal Bianco (Padova, Italia 1961), poeta y crítico literario italiano nacido en Padua en 1961, es investigador en Crítica Literaria y Literaturas Comparadas en la Universidad de Siena (UNISI). Entre los años 1986 y 1989, junto a Mario Benedetti y Fernando Marchiori, dirigió la revista de poesía contemporánea Scarto minimo.
Ha publicado los siguientes poemarios: La bella mano (Crocetti 1991), Stanze del gusto cattivo (en Primo quaderno italiano, Guerini e associati 1991), Ritorno a Planaval (Mondadori 2001) y Prove di libertà (Mondadori 2012).
Como estudioso se ha ocupado de la métrica teórica y aplicada de Petrarca, Ariosto, Andrea Zanzotto y de la poesía del siglo XX. De Zanzotto ha realizado la curaduría en la colección «Meridiano Mondadori» en 1999 (con G.M. Villalta) y en la «Oscar» Tutte le poesie (2011). Es miembro del consejo directivo del Centro Studi Franco Fortini y cofundador y redactor de la revista Stilistica e metrica italiana. Ha traducido poetas angloamericanos, franceses y holandeses entre los cuales M. Moore, M. Hartnett, B. Simeone, M. van Daalen, E. Spinoy, W. Stevens, E.E. Cummings, G.M. Hopkins y H. Jackson.
Sus poemas han sido traducidos al holandés, alemán, francés, inglés, ruso, serbio, esloveno y chino, mientras en español solo se han traducido hasta el momento una versión de «Poesia dell’arancia» por la escritora argentina Maria Teresa Andruetto (en AA.VV. 5 poetas italianos, Alción Editora, Córdoba, Argentina 2005, pp. 37-48) y los poemas «Accorpamento», «La vacanza», «Il vetrino» en la revista Sibila (33, Sevilla, abril 2010, pp. 18-19).
Marisa Martínez Pérsico
Presentamos, por primera vez en lengua española, en versión de Marisa Martínez Pérsico, algunos textos del poeta italiano Stefano Dal Bianco (1961). Ha publicado los libros de poemas La bella mano (Crocetti 1991), Stanze del gusto cattivo (en Primo quaderno italiano, Guerini e associati 1991), Ritorno a Planaval (Mondadori 2001) y Prove di libertà (Mondadori 2012). Durante los años ochenta dirigió con Mario Benedetti la revista de poesía Scarto mínimo.
http://circulodepoesia.com/2017/04/poesia-italiana-stefano-dal-bianco/
Los contenidos
Cuando se contrapone una luz a otra luz,
y, por ejemplo, se obliga a una lámpara
a iluminar una ventana desde un escritorio,
cuando se intenta distinguir
en la penumbra el negro,
como el caso de un cuadro en la pared
de un cuarto a oscuras,
no se sabe quién triunfa,
aunque se entiende que ambos son hermanos,
el grande y el pequeño,
el continente y contenido.
Y si esto pasa
quisiéramos sentirnos orgullosos
de esta casa,
de toda esta luz.
El sueño
Acabo de tener un sueño breve,
de un instante,
no me acuerdo cómo era exactamente,
o más que un sueño quizás fuera una imagen…
Solo recuerdo haberme despertado
rápido, con la intención de retenerlo,
de apresarlo en una hoja.
Y ahora mismo estoy con el bolígrafo
y el sueño se ha ido con el sueño
junto a Laura que duerme aquí a mi lado,
o tal vez con alguien más, atravesando las paredes
al piso de arriba o hacia abajo:
señal de que no era
estrictamente mío, era,
acaso, un sueño verdadero.
Olmo
He salido a caminar en dirección al mar, pero debo negarlo
porque había salido y en verdad casi en seguida
he hallado un olmo y ahora me toca escribirlo,
aunque escribir es más que relatar,
y relatar es ya labor difícil,
más difícil aun es regresar
a escribir sobre el olmo,
a relatar el olmo
sin tenerlo delante,
buscando recordar,
traicionando el recuerdo como si él, de veras, no existiese,
olmo de ramas y hojas en la luz.
Cómo olvidarlo
Describirlo, aceptar las metáforas que bastan, al parecer indiferentes pero vivas después de su mirada, muerte de su esplendor, del mal que las hace distintas y radiantes de sí mismas. Y enhorabuena al olmo pero adiós al paseo de quien por un rato ha creído verlo y olvidarlo.
Reconstruirlo como nuevo
Regresar al prado como buscando algo que no es más un árbol,
no más árbol mío o tuyo que me estás leyendo y no estás en el prado,
y sin amor imaginas este árbol, sin reservas de realidad.
Pedirte que vengas sin pactar una cita,
pedir juntos, distraídamente,
con toda la energía que podamos,
un asiento libre en el prado, frente al mar,
no muy lejos del cuarto en que se ha contado todo.
De Ritorno a Planaval (Mondadori, 2001)
Stefano Dal Bianco è nato a Padova nel 1961 e vive in provincia di Siena, dove è ricercatore in Critica Letteraria e Letterature Comparate presso il medesimo Dipartimento (ora DFCLAM, Dip. di Filologia e Critica delle Letterature Antiche e Moderne, Università di Siena). Dal 1986 al 1989, con Mario Benedetti e Fernando Marchiori, ha diretto la rivista Scarto minimo.
I suoi libri di poesia sono: La bella mano (Crocetti 1991), Stanze del gusto cattivo (in Primo quaderno italiano, Guerini e associati 1991), Ritorno a Planaval (Mondadori 2001) Prove di libertà (Mondadori 2012).
Come studioso si è occupato della metrica di Petrarca, Ariosto, Andrea Zanzotto, e di poesia del Novecento. Di Zanzotto ha curato il Meridiano Mondadori nel 1999 (con G.M. Villalta) e l’Oscar Tutte le poesie (2011). È membro del consiglio direttivo del Centro Studi Franco Fortini e ha fondato (con altri) la rivista Stilistica e metrica italiana, di cui è redattore.
Si è occupato soprattutto di metrica teorica e applicata (Petrarca, Ariosto, Zanzotto) e di poesia italiana del Novecento. Ha tradotto da poeti angloamericani, francesi e neerlandesi, fra i quali M. Moore, M. Hartnett, B. Simeone, M. van Daalen, E. Spinoy, W. Stevens, E.E. Cummings, G.M. Hopkins, H. Jackson.
Le sue poesie sono state tradotte in neerlandese, tedesco, francese, inglese, russo, serbo, sloveno e cinese. In spagnolo esistono soltanto una versione di «Poesia dell’arancia» di Maria Teresa Andruetto, con commenti e discussioni sulla traduzione (in AA.VV. 5 poetas italianos, Alción Editora, Córdoba, Argentina 2005, pp. 37-48) e le traduzioni di «Accorpamento», «La vacanza», «Il vetrino» nella rivista Sibila (33, Sevilla, abril 2010, pp. 18-19). In questa occasione la docente e poeta residente in Italia Marisa Martínez Pérsico traduce per la prima volta verso lo spagnolo, per Círculo de poesía, la presente selezione lirica dell’autore.
I contenuti
Quando si contrappone una luce a un’altra luce,
e per esempio si costringe una lampada
a illuminare una finestra da una scrivania,
o quando si è tentati di distinguere
dal buio il nero,
come nel caso di un quadro e una parete
in una camera notturna,
non si sa mai chi vince,
ma si capisce che sono fratelli
il grande e il piccolo
il contenuto e il contenitore.
E quando capita
vorremmo essere fieri,
di questa casa,
di tutta questa luce.
Il sogno
Ho fatto appena un sogno velocissimo,
di un attimo,
che non ricordo cosa fosse esattamente,
o più che un sogno era un’immagine…
So soltanto che mi sono svegliato
subito con l’intenzione di fissarlo,
catturarlo nella carta
e adesso sono qui con la penna
e il sogno se n’è andato col sonno
forse da Laura che mi dorme accanto
o da qualcuno, attraversando le pareti,
al piano sopra o sotto:
segno che non era un sogno
rigorosamente mio, era,
probabilmente, un sogno vero.
Platano
Sono uscito a camminare verso il mare, ma devo negarlo
perché ero uscito e in realtà quasi subito
ho incontrato un platano e mi tocca di scriverlo,
anche se scrivere è di più che raccontare,
anche se raccontare è già difficile,
anche se il difficile è rientrare
a scrivere del platano,
a raccontare il platano
senza averlo davanti,
cercando di ricordare,
tradendo nel ricordo come se lui non esistesse, veramente
platano di rami e foglie nella luce.
Come dimenticarlo
Descriverlo, accettare le metafore, perfettamente sufficienti, indifferenti in apparenza ma vive del suo sguardo, morte del suo splendore, del male che le fa differenti e lucide di sé. E complimenti al platano e addio alla passeggiata, di chi per un momento ha creduto di vederlo e l’ha dimenticato.
Ricostruirlo come nuovo
Ritornare sul prato come in cerca di qualcosa che non è più albero,
non più albero di me e di te che mi leggi e non stai sul prato,
e senza amore immagini quest’albero, senza riserve di realtà.
Chiederti di venire senza fissare appuntamenti,
chiedere insieme distrattamente
con la sola energia che ci è concessa
un posto libero nel prato, di fronte al mare,
non lontano dalla stanza dove tutto è raccontato.
Da Ritorno a Planaval (Mondadori, 2001)
Dalla gabbia
Vi sono giorni di debolezza estrema
poiché – dice qualcuno – la pressione
atmosferica di fuori,
che ha potere sui corpi, essendo bassa,
si consustanzia a noi fin dentro il sanguecon la sua tenera virtù di morte.
Ma altri vi potranno assicurare
(e oggi io sono tra quelli)
che tutto questo spossamento, in questi giorni,
non procede dall’aria né dal corpo
ma è soltanto dolore
di anime costrette,
solitudine di molti,
vuoto vissuto male,
mancanza o assenza di uno scopo.
da Prove di libertà (Mondadori 2012)
Poesia che ha bisogno di un gesto
Ho posato una ciotola di sassi
tra me e voi, sul pavimento.
L’ho fatto perché vorrei parlarne
ma non mi fido delle mie parole.
Mi piacerebbe che riuscissimo a parlare
esattamente della stessa cosa
senza che nessuno debba far finta di aver capito
e senza che nessuno si senta incompreso:
io, nella fattispecie.
Vorrei parlare di questi sassi, ma non della loro forma o del loro colore, e nemmeno della loro sostanza o del loro peso.
Vorrei parlare di questi sassi, ma prima vorrei essere sicuro di non essere frainteso.
Per esempio, nemmeno del mio gesto mi posso fidare: forse è sembrato un gesto teatrale, magari fatto male, senza stile, ma pur sempre con dentro qualcosa di simbolico. Invece io non voglio questo. Io vorrei che tutta l’attenzione si concentrasse proprio sui sassi che stanno lì
e al tempo stesso che questa fosse più simile a una poesia che a un monologo.
E un’altra cosa non vorrei: che questa dei sassi fosse considerata una ‘trovata’; perché sarebbe vero solo in parte: io sono veramente preoccupato che noi veramente non parliamo la stessa lingua, ed è così che ho scritto una poesia dimostrativa. Ma io sono preoccupato soprattutto in questo momento, ed è un momento, un attimo, in cui non voglio dimostrare niente, voglio solo andarmene contento, nella sicurezza di aver parlato con qualcuno, e che qualcosa sia successo. Non mi interessa se ciò che sto facendo sia vecchio o nuovo, bello o brutto, ma mi dispiacerebbe se fosse inteso come falso, e sto rischiando. Di solito scrivo delle cose che mi sono abituato a chiamare poesie, ma se questa cosa di questo momento non dovesse funzionare, non dovesse essere compresa, tutto ciò che ho scritto e che scriverò non avrebbe scopo.
Allora, vorrei che ci si concentrasse su quei sassi. Non perché siano importanti di per sé, e non perché siano un simbolo di qualcosa, ma proprio perché sono una cosa come un’altra: sassi.
Hanno però delle qualità: sono visibili e toccabili, sono tanti e sono separati.
Noi dobbiamo stare con i sassi.
Sono una cosa del mondo.
E dobbiamo cercare di capirli.
È per questo che ho scritto una poesia che ha bisogno di un gesto e di un pensiero.
Adesso io starei qualche secondo in silenzio, pensando ai sassi.
da Ritorno a Planaval (Mondadori, 2001)
Ciclo del mare
Davanti ai palazzoni orrendi, quelli bianchi, con piscina, fronte mare,
forse ora si convertono le dune, forse ancora
si avvicinano incerte, in sé, senza sapere
quanto bagni la pioggia la sabbia,
o ancora quanto si sollevi su se stessa la corrente
di un mare che sottrae quanto deposita.
da Ritorno a Planaval (Mondadori, 2001)
Vi sono giorni di debolezza estrema
poiché – dice qualcuno – la pressione
atmosferica di fuori,
che ha potere sui corpi, essendo bassa,
si consustanzia a noi fin dentro il sanguecon la sua tenera virtù di morte.
Ma altri vi potranno assicurare
(e oggi io sono tra quelli)
che tutto questo spossamento, in questi giorni,
non procede dall’aria né dal corpo
ma è soltanto dolore
di anime costrette,
solitudine di molti,
vuoto vissuto male,
mancanza o assenza di uno scopo.
da Prove di libertà (Mondadori 2012)
Poesia che ha bisogno di un gesto
Ho posato una ciotola di sassi
tra me e voi, sul pavimento.
L’ho fatto perché vorrei parlarne
ma non mi fido delle mie parole.
Mi piacerebbe che riuscissimo a parlare
esattamente della stessa cosa
senza che nessuno debba far finta di aver capito
e senza che nessuno si senta incompreso:
io, nella fattispecie.
Vorrei parlare di questi sassi, ma non della loro forma o del loro colore, e nemmeno della loro sostanza o del loro peso.
Vorrei parlare di questi sassi, ma prima vorrei essere sicuro di non essere frainteso.
Per esempio, nemmeno del mio gesto mi posso fidare: forse è sembrato un gesto teatrale, magari fatto male, senza stile, ma pur sempre con dentro qualcosa di simbolico. Invece io non voglio questo. Io vorrei che tutta l’attenzione si concentrasse proprio sui sassi che stanno lì
e al tempo stesso che questa fosse più simile a una poesia che a un monologo.
E un’altra cosa non vorrei: che questa dei sassi fosse considerata una ‘trovata’; perché sarebbe vero solo in parte: io sono veramente preoccupato che noi veramente non parliamo la stessa lingua, ed è così che ho scritto una poesia dimostrativa. Ma io sono preoccupato soprattutto in questo momento, ed è un momento, un attimo, in cui non voglio dimostrare niente, voglio solo andarmene contento, nella sicurezza di aver parlato con qualcuno, e che qualcosa sia successo. Non mi interessa se ciò che sto facendo sia vecchio o nuovo, bello o brutto, ma mi dispiacerebbe se fosse inteso come falso, e sto rischiando. Di solito scrivo delle cose che mi sono abituato a chiamare poesie, ma se questa cosa di questo momento non dovesse funzionare, non dovesse essere compresa, tutto ciò che ho scritto e che scriverò non avrebbe scopo.
Allora, vorrei che ci si concentrasse su quei sassi. Non perché siano importanti di per sé, e non perché siano un simbolo di qualcosa, ma proprio perché sono una cosa come un’altra: sassi.
Hanno però delle qualità: sono visibili e toccabili, sono tanti e sono separati.
Noi dobbiamo stare con i sassi.
Sono una cosa del mondo.
E dobbiamo cercare di capirli.
È per questo che ho scritto una poesia che ha bisogno di un gesto e di un pensiero.
Adesso io starei qualche secondo in silenzio, pensando ai sassi.
da Ritorno a Planaval (Mondadori, 2001)
Ciclo del mare
Davanti ai palazzoni orrendi, quelli bianchi, con piscina, fronte mare,
forse ora si convertono le dune, forse ancora
si avvicinano incerte, in sé, senza sapere
quanto bagni la pioggia la sabbia,
o ancora quanto si sollevi su se stessa la corrente
di un mare che sottrae quanto deposita.
da Ritorno a Planaval (Mondadori, 2001)
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