Michela Zanarella
Nacida en Cittadella, Padua, ITALIA 07/01/1980. Comienza a escribir poemas en 2004, y su poesía ha sido traducida al Inglés, francés, español, árabe. Ha publicado cuatro libros de poesía y una colección de cuentos cortos. Ha ganado varios premios nacionales e internacionales. Escribe reseñas y entrevistas para diversos periódicos en línea. michelazanarella.splinder.com
Se reúnen sueños
Se reúnen sueños
como savias sobre árboles
y Morfeo que conoce su fuerza
explora el envés de lunas
y nubes sobre altares
de pestañas que caen
silenciosamente sobre el mundo.
traducción de Ana Caliyuri
La espera
Voy a embellecer
la silueta del silencio
en el sol
y en el asombro de un brote
que golpea carnal sobre el destino.
Como la aurora
me inclino a amar
la espera,
el rayo que nuevamente
vibra.
traducciòn de Ana Caliyuri
Busco mis alas (al mito de Icaro)
Me estrello
en el flujo de las aguas,
tras el mar.
Cual Ícaro
aprieto una jerga de temores,
profundamente.
Me aferro a duras penas
a la señal paterna
de una antigua sangre.
Al viento
vierto la sal
y la materia
de un silencio.
Alrededor del sismo del destino
busco mis alas.
de "La estética del más allá"
traducciòn de Ana Caliyuri
Cotidiano florecer
Me repito que la vida
es un cotidiano florecer,
como un milagro sin pudor.
Gozo al calor genuino,
de esta luz recibida cual don
en el primer aliento.
Entre el cuerpo y las superficies del cielo,
plena de significado,
anuncio mi voluntad
de transformar cada cruz
en amor.
traducción de Ana Caliyuri
Prendo vita
Prendo vita
da un’acqua materna,
raccolta in tralci
di sangue sapiente
e destino che matura.
Il cielo crea
la mia impronta
e mi immerge
in equilibri di luce,
fiducioso
delle mie chiare fondamenta.
Il rumore della polvere
Non c’è che il rumore della polvere
in questa strada bianca
decorata da croci accecate
da polline astratto, rosso scarlatto.
Poco il sole che si concede
agli occhi danzanti del destino.
E’ l’azzurro a storcere le labbra
e a stringere a sé il vuoto.
Questa terra porta l’amaro
di docili fiati d’ebrei che si svuotano
tra capricci d’arie spinate,
questa terra somiglia
alle vene di un tramonto
costretto a brindare col male
e a tingersi il volto di nebbia.
Rastrellano carni e ghiaie
i gas alle baracche,
numeri in stoffe zebrate
si abituano in fretta
a profili di lager.
Salive adulte e bambine
inciampano rapide in uno sparo.
Non c’è più tempo per esistere.
Nudi orrori dormono in fila
accanto alla neve.
Natale a Monteverde
Palpita di celeste il quartiere.
Ai vetri un dicembre impaziente
penetra tutto,
gente, asfalto, una ragione che non esiste.
Io mi potrei perdere
in carnagioni di luce,
nelle fibre di voce di un gelo
in attesa di sacralità.
Una fermezza antica
mi perlustra il petto di candore,
chiama in vita il Natale,
un ardere di pace e giochi alberati.
Sull’uscio degli occhi
un calore rosso
si stacca e va ad infrangere
l’ortica
che lontana ha il mio intimo
odore di casa.
Alla città dei sensi
C’è pelle che prega
carezze vestite d’amore
e nei sentieri rosa
incide il suo destino.
Viene un vagare dolce
di sospiri senza stagione,
effervescente l’istante
si fa luce tra fianchi
e vapori.
Nell’acqua più antica
del piacere,
tra filari di brividi
e piramidi di voce,
io corro alla città dei sensi.
Tu dici vado in mare
nei miei baci,
ti muovi in me
con le pupille ebbre d’esistenza.
Teneramente esploro
gli scogli del tuo fiato,
la città vive
ed io penso a morire
negli angoli delle tue labbra.
Io nell’ amore
Io nell’amore,
in mezzo ad orti di fiato
rivelo agli istinti umiltà.
Sempre un brivido senza vento
rincorre pianerottoli di voce
dove la notte insegna un chiudersi
di labbra agli orizzonti.
Mi chiami il torrente
al mistero sacro del piacere
contro il fusto d’occhi e gelsi,
mentre le pelli giocano in grido
alla verità dei bambini
come aromi innocenti al primo
passo in sogno.
Ciò che le ciglia attendono
è l’incantesimo di un seno in agguato,
assorto tra metallici riflessi
di una schiena che cade aggredita
dal vapore d’ignoto.
Ho sceso i destini tanto simili
all’irrequietezza del tempo
e nell’ affrontare la luce
ho impedito che il fuoco
uscisse dalle nostre unghie,
dal nostro palato.
La casa degli istinti
La linea del cielo
risciacqua una poesia
nella tua voce.
Io sto in ascolto.
Con il cuore da bambina
soffio l’infinito che si specchia
nell’aria
e rinasco nel sughero della tua bocca.
La casa degli istinti è vicina,
sotto la buona pioggia di un tremore,
dentro l’onda giovane di uno sguardo
senza misura.
Le mie labbra nascondono fulmini,
una sequenza di baci illuminati,
l’ossessione paziente
di un amore che copre intere stagioni,
zolle, orizzonti.
Cade passione su tutte le vene
e così vivo e ferisco di gioia
il fondo della memoria.
Ti vengo a cercare nella capigliatura
dell’anima e
ti trovo rugiada che veglia
piacere eterno sul pavimento
degli occhi.
I pazzi ridono di notte
Intorno a me follie bellissime
rovesciano la mente
e mi schiantano nel buio
ad imparare l’assurdo.
I pazzi ridono di notte
e non importa il gioco di una rima
o la croce di un mondo
che condanna.
Più ridono del rumore
del loro orizzonte,
mentre abbracciano ghiaccio
e confuse lacrime,
più intrecciano libertà
ad alberi e saggezza.
Pure il mio spirito
è gola e bocca
per carestie di ragione.
Noi, maledetti nel sangue
e nel midollo,
sappiamo rotolare tra gli abissi
e ritardare il grido della morte,
stringendo tra i denti altri cieli.
Nel tempo della luna
Mi sfiora ogni notte la tua anima
e nel tempo della luna
il silenzio cerca tra le lenzuola
le acque di un amore in fiamme.
Mi sveglia una luce di ciglia
assetata della mia carne.
La passione vive quando ancora
il cielo tace.
E quel frugare tra le labbra
eternità,
quel gridare all’alba il volto del piacere
è eco di paradiso sul cuore.
Vado per il tuo corpo
a vivere l’amore, che già grida
a piedi scalzi.
Dalla tua fronte bevo
gocce salate di notte in cielo.
Una passione ignota prende le ghiaie
di nudo tremare.
Lunga la strada al piacere
mette esilio nei tuoi occhi.
Vado per il tuo corpo
a spingere in cuore dolcezza,
a rompere l’onda precoce
d’istante.
L' AMORE CHE HO PER TE (a mia madre)
Hai addosso il dolce di montagna,
esserti figlia m'investe di cielo
e resina.
Madre, quasi un timore
accarezzarti la mente,
scoprire in silenzio
il tuo ieri.
Mi appoggio in segreto
al tuo giudizio,
la mia pelle si appaga
della tua somiglianza.
Credimi, l'amore che ho per te
esiste e contiene
calore e altro.
L' amore che ho per te
è nodo in gola
al mio andare fragile.
CONCEPISCO ESTASI SENZA RITORNO
Concepisco estasi senza ritorno,
manie instabili di femminilità,
umanità inesperte alla vita.
Le mie labbra graffiano imperfezioni
di un grembo azzurro,
spogliano continuità d'orizzonti,
lanciano limpidi solchi d'aria
in asfalti di luce.
Sono le solitudini a gremire
di buie frontiere
le astratte sculture della mente.
Sfamo il destino di materne trasparenze,
taccio
e attendo polline di nuvola
ad affollare di complicità
un sussulto di ciglia e avvenire.
BOSCO VIRTUALE (a zia Giampiera)
Bosco virtuale è questo silenzio
che rassegnato possiede
disperata assenza.
Tra macchie di ortica
e fiati di montagna
hanno timore le mie radici
di risvegliare scarpate
e galoppi di rugiade.
Solo una croce celebra
i ritmi del tuo vapore,
impone muta purezza
alle tue ampiezze materne.
Assorbo il transitare
di lacrime in polvere,
tocco solitudini di platano
e al cielo restituisco
il profilo di luce
che sognavi.
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