martes, 19 de febrero de 2013

ROBERTO PAZZI [9253]


Foto - Il poeta Roberto Pazzi

Roberto Pazzi
Italia:Ameglia, 18 de agosto de 1946
Licenciado en Filología Clásica por la Universidad de Bolonia, ha sido profesor de Historia de la Filosofía en la Universidad de Ferrara y de Sociología en la de Urbino. Editor cultural durante doce años del Corriere della Sera, colabora en la actualidad en otros periódicos.

Poeta, narratore e giornalista italiano, vive a Ferrara. Tradotto in ventidue lingue (spagnolo, catalano, francese, inglese, inglese (USA), tedesco, olandese, finlandese, danese, ceco, slovacco, polacco, russo, rumeno, sloveno, croato, turco, greco, portoghese, portoghese (del Brasile), estone, arabo) , ha esordito in poesia con una silloge apparsa sulla rivista "Arte e poesia" nel 1970, prefata da Vittorio Sereni; tra le raccolte di versi Calma di vento (Garzanti, premio internazionale E. Montale 1987), Il filo delle bugie (Corbo, 1994), La gravità dei corpi (Palomar, 1998) e Talismani (Marietti 2003). Il suo esordio narrativo avviene nel 1985 con Cercando l'Imperatore, prefato da Giovanni Raboni (Marietti 1985, Garzanti 1988, Tea 1997, Marietti 2004, premio Bergamo, premio Hemingway, premio Selezione Campiello 1985) "storia di un reggimento russo disperso in Siberia, durante la Rivoluzione Russa, in cerca dell'Imperatore", dalla critica concordemente collocato sulla linea fantastico-visionaria della nostra narrativa, quella meno frequentata nel Novecento italiano. Seguono poi alcuni romanzi, dove la storia si fa pretesto di reinvenzione fantastica su una linea di pensiero antistoricistica: La principessa e il drago (Garzanti 1986, finalista premio Strega 1986), La malattia del tempo (Marietti 1987, Garzanti 1991), Vangelo di Giuda (Garzanti 1989, superpremio Grinzane Cavour 1990, ristampato da Baldini&Castoldi nel 1999), La stanza sull'acqua (Garzanti 1991). Con Le città del dottor Malaguti (Garzanti 1993) la narrativa di R.P., pur rimanendo di ispirazione visionaria, approda al presente, alla cronaca italiana di questi anni, alla città dove il narratore vive, Ferrara. Ecco allora i romanzi successivi, Incerti di viaggio (Longanesi 1996, premio Selezione Campiello, superpremio Penne-Mosca 1996), Domani sarò re (Longanesi 1997), La città volante (Baldini & Castoldi 1999, finalista al Premio Strega, presentato da Dario Fo e Sebastiano Vassalli), Conclave (Frassinelli 2001,Premio Scanno, Premio SuperFlaiano, Premio Comisso, Premio Stresa, Premio Zerilli Marimò della New York University, Premio Rapolano Terme, finalista Premio Bigiaretti ), L'erede (Frassinelli 2002, Premio Maria Cristina 2004) e Il Signore degli occhi (Frassinelli 2004).






DA 9 POETAS ITALIANOS ANTOLOGIA, (pagg 66,68,60), presentación y traducción Martha L. Canfield, Editorial Catoblepas, Madrid (1987)



El Alma

Algunas veces he pensado en el alma
que detengo como la arena
en los bajos del pantalón,
como la tierra que no se desprende
de la suela de los zapatos,
como una mancha de fruta
de estación; la fresa
no sale nunca, tampoco las cerezas,
pero la más terrible es la de durazno.
También los cacos, las manzanas y la peras
volvían loca a mi madre,
pero solo la hierba era como el durazno.
Puede manchar también la lluvia,
queda la sombra del agua,
una pequeña zona más oscura.
De los colores sólo el agua
se transforma en olor de moho:
las estaciones no dejan olor.
He tratado de imaginar
qué parte del rostro llevaremos,
cómo séra el alma,
si tendrá nariz, ojos, boca.
Para qué servirán los otros sentidos,
si quedan sólo colores?







Loco

Pan. Llámame pan,
pan, pan, muchas veces
dime pan.
Para que tú veas locamente en mi
la multiplicación
de los panes.








Señor - si yo creyera en Dios
diría -
Señor, hazme del mundo
una celda tan perfecta
que pueda entrar sólo
el alma mía.
Señor, extiende mi alma
por el mundo,
haz que yo salga únicamente el día
en que no pueda encotrar
a nadie más que a ti.
Señor, toma mi sexo,
haz que ni mujer ni hombre
pueda entender más,
escóndeme, haz de mí solamente
palabra de Dios.





Da Escrita, n. 8, Cordoba, "Centro editor de Cordoba", 1986.
Rivista diretta da Antonio Oviedo.



Viento en Punta Blanca

El tiempo del viento, cuál será?
vendrá del antiguo Egipto
o acaba de nacer?
su caricia estuvo en la noche
de España antes de la partida
y llevó a Colón el olor
de las otras tierras?
y si no hubiese nacido nunca,
si fuese el viento errante,
condenados a buscar en mundos
que no pueden recibirlo,
una forma que lo lib e (?)
de la cárcel del aire,
él, también aquí, entre nosotros
que pasamos, uno que puede
salir de las cosas
que atraviesa y volverse
a mirar al fin su rostro,
un viento de la historia,
un viento reglamentado,
seguro de morir?

(traduzione: Marilyn Contardi)







Sobre un retrato de joven mujer de Van Gogh

Señor, manda esta noche a mi casa
A la joven de cabellos azules
Que el pintor vió en Arles,
hace cien años, mándala esta noche
para ver estrechamente unidos
tras los vidrios de la ciudad
que ella nunca vió sin mí,
le desataré la trenza antigua
para que no sienta el tiempo que pasó,
ella sabrá cuánta blanca harina basta
para algo dulce en la noche de invierno,
junto a dos pocillos de café.

(Traduzione : Marilyn Contardi)





INEDITI

A Fiore

Non sono ancora arrivato
e già soffro gli orizzonti 
delle montagne che chiudono 
la mia ansia di varcarle,
ma ogni volta superata una catena
eccone subito un'altra.
Molti compagni di viaggio sono già caduti, 
e se ogni notte mi pare di riaverli con me 
al risveglio dal sogno cresce la vergogna 
di portare dentro un segreto tesoro 
che non so più a chi affidare.
Ma ieri uno sconosciuto 
mi ha guardato e mi ha detto
"nessuno è più ricco di te".
Alla luce di quel lampo, 
dall'alto ho visto un paesaggio 
infinito senza più montagne.
Forse ero arrivato, forse ero salvo ?
M'è sembrato di colpo d'essere 
sollevato in cielo fra gli dei.
Perché carni, volti, nomi 
oggi sono la sostanza dei sogni 
offerti come gli antichi sacrifici
il cui profumo si perdeva in alto nei cieli,
cercando il favore degli dei.







Il mio niente

Oggi verrei a casa tua,
farei questo lungo viaggio 
solo per infilare questi versi
nella fessura sotto la porta,
non potrei rompere 
il divieto di rivederci.
Niente, vorrei dirti, 
solo questo niente.
Fu detto già tutto.
Da quando ci siamo separati 
sopravviviamo,
siamo la rovina di quel tempo.
Ma questo mio niente dopo di te
mi sostiene e si rafforza,
cresce bene con gli anni,
si fa grande, muta la voce,
non vuole più stare con me,
esce sempre più spesso
a cercare altro niente,
inutilmente bello come fui.
I nostri occhi han fissato il sole, 
non guardano più,
ricordano di aver visto.
A che servirebbe rivederti ? 
Perderei il mio niente.
Di tutte le cose che potevo fare
ho sempre scelto una sola,
monco di troppe vite non fatte
tu sei il Niente che mi ha scelto.
E ti appartengo sempre.









La costruzione della vita

Ormai anche l'ala nord è finita,
il palazzo si mostra nella forma intera. 
E la facciata innalzata per prima
più di mezzo secolo fa, 
inizia ad invecchiare, 
il suo stile è superato, 
non è più di moda, 
criticano l'architetto manierista,
oggi l'avrebbero disegnata più severa,
meno ricca di marmi colorati, 
come una vecchia fortezza medievale,
pronta a resistere ai pirati del mare.
Per giocare l'usura del tempo,
salva le forme partorirle già antiche,
la strategia sarebbe quella dell'animale 
che si finge morto,
per non essere divorato.
Mi perdo a fantasticare 
come avrebbe potuto apparire
l'animale mia vita in altre forme,
fiuto la trappola in cui sono caduto
scegliendo il mio stile di poeta. 
E invece nemmeno più leggono le parole,
aprono un libro se ricco di immagini,
non sanno più cantare la cosa
ad occhi chiusi.









L'eretico

Non ero nato per vivere nell'ombra, 
ho dovuto subirla,
ma di quali doni ricompensa 
splendere nell'oscurità !
La gioia della meraviglia
se qualcuno mi scopre
e si prende il merito della scoperta,
il sollievo di aver già in partenza
deposto l'affanno di salire,
la risorsa di uno spreco delle ore
da gran signore del tempo,
la libertà di camminar fra chi corre,
la leggerezza di saltare corsia
non appena scorgo la fila
del buon senso,
lo spettacolo della vita 
da fuori campo, fuori linea,
eretico da niente,
che gioca coi segnali delle parole, 
e inaugura mondi
con gli alberi dalla chioma 
sotto terra e le radici per aria,
a prendere confidenza
con gli errori del vecchio Dio,
che non ci vede più bene 
e si lascia suggerire 
dal diavolo le forme che non vede, 
( il diavolo sono io ).











Mutamenti

Oggi sono quel che potrei essere,
un foglietto bianco
caduto per terra
nella sala d'attesa della stazione. 
Quanto manca ?
la domanda è mutata in
Quanto ho fatto ?
Imito la clessidra,
so capovolgere dritto e rovescio,
vuoto e pieno,
bianco e nero, 
perdo peso,
sono diventato più leggero.









Nevicata dal treno sulla pianura padana

Sotto la terra bianca come il cielo
c'è il mio pane della gratitudine 
per la via percorsa, per i temuti pericoli, 
le paure e le lunghe attese che svanirono
consumate tutte a poco a poco,
le carte del mazzo tenute nelle mani,
ormai già tutte in ordine sul tavolo, 
una mano già nuda.
Quel paesaggio sono io,
assaporo la panoramica dall'alto
di me così piccolo diventato grande, 
restano solo poche stazioni,
posso guardarmi attorno con calma,
perdere tempo, ne ho vissuto tanto,
a ripensare tutto quel bianco
che oggi mi abbacina gli occhi:
il mondo con la mia vita dentro
mi aspettava a occhi chiusi.
E chiudendoli così s'assapora 
d'un nuovo amore il bacio,
da una bocca bella e tremante.










Ritorno al mare

Il tuo tempo è diventato 
il va e vieni del prigioniero nella cella,
l'attesa del pendolare 
che ogni giorno spia la fuga
nell'orologio grande
allo stesso marciapiede.
Ritorna sui numeri dei binari
un'antica matematica di arrivi e partenze,
è ancora un gioco
contare i minuti per le coincidenze, 
da bambino sempre sognavi di fuggire
da Ferrara per tornare al mare.
Era la via della felicità
il viale della stazione.
Nato sull'acqua
oggi ti parrebbe di tornare laggiù
ma non sai se i ritardi 
siano fame di arrivare 
o paura di scoprire 
che tutto quell'azzurro è evaporato
e il mare non c'è più.







Specchi e specchiere

Sempre mi tremano le mani 
quando curo la barba allo specchio. 
Non solo per la difficoltà di guardarmi 
capovolto e spingere le forbici 
a medicare il cedimento all'informe 
oltre i luoghi possibili, 
dove non sarò mai, 
ma per il gesto che di nuovo mi tradirà,
perché la guancia che a destra m'appare
la ritroverò con la barba curata a sinistra.
Allo specchio non serve la memoria, 
si cura di un altro volto 
che non è più questo. 
Il viso che fu amato per sempre una volta 
lui lo sa, lui lo è,
e non lo rivelerà,
in ogni luogo della terra
porta male romperlo.
La sua strenue fedeltà prepara la mente 
all'ultimo ritratto, 
dolce vendetta delle specchiere 
- avran mutato sesso intanto quegli specchi
per meglio amare il volto amato -


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