Alessandro Parronchi
Alessandro Parronchi (Florencia, Italia 26 - 12 - 1914 - Florencia, 6 - 01 - 2007) fue un poeta, historiador y traductor italiano.
Poesía
I giorni sensibili , Firenze , Vallecchi , 1941 ;
I visi , Firenze, Rivoluzione, 1943 ;
Un'attesa , Modena , Guanda, 1949 ;
L'incertezza amorosa , Milano , Schwarz, 1952 ;
Per strade di bosco e città , Firenze, Vallecchi, 1954 ;
Coraggio di vivere , Milano, Scheiwiller, 1956 ;
La noia della natura , Galatina , Quaderni del "Critone", 1958 ;
Coraggio di vivere , Milano, Garzanti, 1961 ;
L'apparenza non inganna , Milano, Scheiwiller, 1966 ;
Pietà dell'atmosfera , Milano, Garzanti, 1970 ;
Replay , Milano, Garzanti, 1980 ;
Climax , Milano, Garzanti, 1990 ;
Per strade di bosco e di città , Firenze, Pilistampa, 1994 ;
Diadema. Antologia personale 1934-1997 , Milano, Mondadori, 1998 ;
Poesie , Firenze, Polistampa, 2000 ;
«Quel che resta del giorno» , Firenze, Le Càriti, 2001 ;
No ficción
Ugo Capocchini , Firenze, Parenti, 1941.
Ottone Rosai , Milano, Hoepli, 1941.
Mario Marcucci , Firenze, Vallecchi, 1942.
Nomi della pittura italiana contemporanea , Firenze, Arnaud, 1944.
Van Gogh , Roma, Del Turco, 1948.
Lorenzo Viani , Firenze, La Strozzina, 1949.
L'opera di Alberto Magri , Firenze, La Strozzina, 1951.
Degas , Milano, Garzanti, 1954.
Artisti toscani del primo Novecento , Firenze, Sansoni, 1958.
Studi su la dolce prospettiva , Milano,, Martello, 1964 ;
Pregiudizi e libertà dell'arte moderna , Firenze, Le Monnier, 1964.
La nascita dell'Infinito (studi leopardiani) ; Montebelluna , 1989.
Gatos
Cuando, una vez liberados de las ataduras
de una existencia demasiado larga, se esparcen
estos huesos libres, en vuelo eterno
yo encuentro la paz, ¿cómo vivir
un mundo sin estas maravillas
que de vez en cuando regocijaron en vida?
Así, sentado, absorto en el aliento
mutuo de un universo amigo
qué sorpresa sentirse junto al pelo,
el ronroneo de uno, o de tantos a los que hemos amado,
gatos, queridos compañeros, ¡sucédanse!
no solos, pero los más discretos, únicos
en salvar un fresco oasis de silencio
y de concentración.
(de "I giorni sensibili", Firenze, 1941
la versión es de Gabriel Martino
A MI PADRE, EN SUEÑOS
Sonríes un poco y te vas pensativo.
Y de pronto, con lágrimas, me pregunto
hace cuánto tiempo que no te estrecho contra mi pecho,
no aferro como amigo esos brazos.
La memoria tiene insensibles naufragios.
Se decolora como el cielo de septiembre
bajo el viento se puebla de nubes.
Te vas. Cuántas cosas de repente
se me ocurren para decirte... Y permanezco mudo.
Pero, ¿por qué en el instante que me vuelvo
ya no estás allí? Hay tantas cosas
que decirse… Y yo te llamo todavía, y creo
que esto, ciertamente, no puede ser un sueño.
A MIO PADRE, IN SOGNO
Sorridi un poco e te ne vai pensoso.
Ed ad un tratto con lacrime mi chiedo
quanto tempo è che al petto non ti stringo
non afferro da amico quelle braccia.
La memoria ha insensibili naufragi.
Scolora come il cielo di settembre
sotto il vento si popola di nubi.
Te ne vai. Quante cose all’improvviso
Mi ritrovo da dirti… E resto muto.
Ma perché nell’istante che mi volto
non sei più là? Ci sono tante cose,
da dirsi… Ed io ti chiamo ancora,e credo
che non può certo, questo, essere un sogno.
Antología poética en italiano
ALL’AMICA
Quando la notte spengerà le rose
udrai più forte scorrere la gioia
di quel che ora all’orecchio non induca
a credere dai gialli orti la voce
che verso il giorno libera il mio nome.
Mi sei vicina, tenere come astri
al tuo collo s’attardano le buccole,
ed è leggiadro il caldo dell’amore
nella pupilla che la luce incrina.
(Da I giorni sensibili)
SALUTO
E tu ti leverai libera un giorno
su queste strade e cercherai nel rosa
d’altre sere venienti una fanciulla
che ti somigli e replichi il tuo viso
nell’aria, le tue palpebre nel sole.
Mi sarà dato risentire i gridi
dell’antica città dove la chioma
illuminata germinò il colore
dell’ortensia, e sui labbri d’autunnale
vento percossi palpitar la voce
per te ancora di lacrime amorose.
Così al mondo passar senza parole
non potrai: per le foci delle stelle
questa notte risale e ogni altro lume
berrà. Presto con te saranno sole
l’ombre intente ai giardini, io senza vita
tornerò qui d’intorno ad alitare
dolce forse così come la neve
cade i freddi cortili, ai davanzali
delle case ove in quiete ombre s’avverano.
(Da I visi)
LIED
A un soffio di vento dell’alba ha tremato
la stella, poi veli su veli di luce
la vincono. Invade i marosi del cielo
l’inverno e sconvolge quei rami d’ulivo
un vento che strappa l’amico all’amico,
che strugge i ricordi, che annulla per sempre
nel bianco dell’alba la luce d’un viso.
Lontano da qui mi vedrai. Sentiremo,
speranza che ho chiuso nel cuore, spuntare
viole nei fondi boscosi, degli anni
perduti la ressa disfarsi, cantare
a noi quelle voci che prima udivamo,
le dita sui rami ghiacciati di brina
nel rosso dell’alba più calde passare.
La triste catena fu rotta, pareva
che mai l’uno all’altro saremmo sembrati
gli stessi che un giorno s’amarono… Andiamo!
Le stelle son già dileguate, la neve
coi fumi dell’alba si mischia, riappare
più forte la luce, né più dove ieri
ci vinse la sera possiamo tornare.
(Da Un’attesa)
GRAZIE, BETOCCHI
Triste assillo dell’inutilità
ci tormenta da giovani.
Ricordo che davanti alle vetrine
di Seeber ero triste se pensavo:
poter essere lì con un libro
che dica qualcosa…
Perché questo inutile vagare?
Poi gli anni accelerarono
e non ci fu più modo
nell’orgasmo di far tutto, di sentirsi
inutile, piuttosto mi sentivo
– presuntuoso o illuso? –
non utile abbastanza…
Così il tempo ingannando
l’attività mi ha preso
e con sé giorno giorno mi trascina.
Quand’ecco apro un giornale e leggo
le poesie di Betocchi “diarietto invecchiando”.
Perdio, mi chiedo, dov’è più
la vera utilità?
Da quest’uomo che ha fede anche per me
il tormento dell’inutile rinasce.
(Da Pietà dell’atmosfera)
ALLE MARCHE
Sempre mi sarai estranea
dolce terra delle Marche non mia.
Non sono quei forestieri
che subito familiarizzano
impadronendosi di abitudini e intrighi.
Io non conosco i tuoi morti.
So poco della tua gente.
Solo m’incanta l’aspetto
delle tue valli e mura, il raro verde
che interseca il giallo dei grani,
e negli inverni il bianco della neve
che a notte sul Nerone alla luna lampeggia.
Con ciò non posso dire di conoscerti.
La tua storia mi manca alle spalle.
Sono straniero, abito in poco spazio.
A me basta un quartiere e una campagna
lontani da qui e diversi
da amare e detestare in questa vita.
Ma mi accade talvolta di fuggire
col pensiero ai meandri delle Marche,
al frastaglio che creano ombre di nuvole
ai confini dell’orizzonte, al vento
che ora li accarezza ora li sferza.
Ed alle volte tanto mi c’interno
che dopo a malincuore torno via.
(Da Pietà dell’atmosfera)
DISIMPEGNO
– Ma tu, allora, non hai nessuna voglia?
– Ho solo voglia di un buon caffè
amaro, per via del diabete.
Caffè zuccherati nella mia vita
ce n’è stati, ora non resta che l’amaro.
E il pensiero corre in Versilia
al “caffeino” di Pea al caffè Principe,
con l’ombra di Marcucci che svicola
si perde fra i pinastri della piazza D’Azeglio.
Che altro c’è a questo mondo che star bene,
in pace col prossimo e bene di salute?
Quel che rende Betocchi superiore agli altri,
intendo, è la sua incapacità di odiare.
In un giorno di sciopero dei treni
pensavo questo viaggiando verso Bologna,
sperando di arrivarci prima delle 11, appunto.
Perché non tenersi più amica la musica?
Invece sono invecchiato trascurandola,
aspettando di trovarla come l’erba d’un prato
per stendermici di quando in quando.
E il pensiero corre alla Sala Bianca,
ai dischi di musica antica, all’Orfeo.
“Vi ricorda o boschi ombrosi?” Su quei boschi ha sparso
merda il progresso; ma intorno i greppi ondeggiano ancora.
Mi scrollo di dosso i sessant’anni,
con passo di trentenne vo su per la costa
tra le ginestre in fiore.
A voi pazzi assetati di potere,
giovani, ricchi, oppressori,
ripeto una domanda di salvezza:
Che altro c’è a questo mondo che star bene
in pace col prossimo e bene di salute?
(Da Replay)
UN ANNO
Mi vellica il vento dell’estate
scorsa con un motivo di canzone
e mi avvicino al davanzale il volto
di te che te ne vai, sicuro
di veder riapparire.
Per quante estati ancora? Forse l’ultima
è questa. O forse qualche altro anno il fato
di vita ci serba…
Ma allora non decada
questa già tanto, per stanchezza o ignavia,
debole umanità.
Quello che abbiamo in noi
tutto e presto s’esprima.
Dopo vivremo giorno giorno
non più per noi, per gli altri.
Ma anche l’arte non è inutile, quando
non è chiudere gli occhi. Poesia
non è voltarsi indietro ma discernere
tra quel che all’uomo è di necessità
primaria, imprescindibile,
tra la fame la sete il sesso il sangue
e le cose di cui non può far senza,
la nostra cecità mascherata di scienza,
un rimpianto, un ricordo,
un sospetto di sopravvivenza,
un futuro già presente…
(Da Replay)
RETROSPETTIVA DI ROSAI
Il ritrovarsi tra i tuoi quadri, Ottone,
a un venticinquennio dal tuo addio
– sulla curva dell’Arno al Girone
o lassù sotto il forte di Belvedere
l’ora che traccheggia sui muri
del caffè scordando l’eternità,
la strada tra i campi che s’allontana
dietro un sole che non è più mio,
l’arrotarsi dell’occhio degli amici
contro un cielo di burrasca… – ci conforta,
ci infonde più coraggio
per affrontare la morte.
Quel tuo sguardo bruciante di tenerezza
lo rivediamo oggi più calmo,
persa l’asprezza dell’invettiva
risentiamo la tua voce viva.
Spezza, Ottone, una lancia
se tu puoi nell’al di là, per noi.
Il ricordo che in te piange s’illumini
prima che questo giorno si consumi.
(Da Climax)
DIADEMA
Queste poche parole
che mi restano, ultimi detriti
di un tempio, o di una casa, ormai distrutti,
e come i vetri di un caleidoscopio
ricompongo, disordino, tramuto
in immagini nuove,
potessi farne un piccolo diadema
umile ma gradito!
Lo innalzerei, Maria, alla tua fronte
se al tuo viso potessi avvicinarmi,
se non fosse il tuo viso alto nel cielo…
E il cielo, in uno dei giorni più bui
dell’anno, come questo in cui tra nembi
piovosi tutti i sogni si distruggono,
si slargasse in un altro cielo azzurro!
Il cielo della nostra fede, e il cielo
della gioventù nostra, alto sugli alberi,
di cui pure fu detto che sarà
rovesciato come un vecchi vestito.
(Da Climax)
Tutte le poesie sono tratte da: Alessandro Parronchi, Le poesie, Firenze, Edizioni Polistampa, 2000.
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